mercoledì 17 febbraio 2016

La mia scrittura - 29



Mi soffermo ancora un poco su questo libro perché, a distanza di tanti anni, lo considero uno dei miei lavori migliori, forse perché frutto di profonda revisione, di lunga ‘masticazione’. Sei racconti, due dei quali senza un esplicito riferimento al titolo, cioè alla morte: ‘Occhiate’, scritto al mare, a Porto San Giorgio, nell’estate del 1992, e ‘Il premio’, che è debitore delle mie prime, negative esperienze nei premi letterari, dove affronto tematiche che mi saranno care più avanti. Abbiamo poi ‘La recita’, un racconto sperimentale, lontano dal mio realismo spinto, con uno stilo diverso, ‘La scheggia impazzita’, suggerito da un fatto di cronaca, ‘L’ultimo nemico’, con la storia di Stefano, Laura e del vecchio Bruno, pescatore di lucci, alla caccia disperata della sua ultima preda, infine ‘L’uscio socchiuso’, uno dei miei primissimi racconti, scritto nel 1990. L’apertura e la chiusura della raccolta vogliono rimarcare la mia speranza nella resurrezione. Se il titolo parla di morte, in realtà l’esito sperato non è quello. Scrivo infatti come dedica iniziale: A chi spera nel sepolcro vuoto. A chi vuole ancora vedere, al di là delle cose. E anche l’ultima frase dell’ultimo racconto è carica di resurrezione: “E’ domenica.”
La partecipazione al Premio Chiara non fu positiva. Entrarono nella terna Laura Pariani (che vinse), Giuseppe Pontiggia e Antonio Moresco. Ci fosse stato ancora in giuria Gino Montesanto forse avrai avuto qualche possibilità in più, ma lui non c’era e le cose andarono diversamente. Fui lo stesso contento perché il presidente del Premio, Gottardo Ortelli (assessore alla Cultura, ne parlerò più avanti) scelse il mio libro, insieme a quelli di Robi Ronza e di Renato Tadini, per una presentazione al Caffè Zamberletti, intervistati da Enzo Fabiani, nell’ambito delle manifestazioni del Premio Chiara. L’incontro avvenne l’8 giugno 1994.  


29-continua

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