venerdì 10 marzo 2017

Ines & Mario story - 12



8 novembre 1919: finalmente nasce il primo maschio in casa Zanzi, Francesco, dopo due femmine. Immagino la gioia di papà Luigi. Francesco era di bassa statura, molto magro, gran fumatore, giardiniere sopraffino. Da ragazzo entrò alla ‘corte’ dei Toeplitz e lì imparò il mestiere, una scuola d’alta classe, con decine di giardinieri. E lì rimase sino a quando la Villa non cambiò proprietario. Cominciò a curare i giardini di molti ricchi sant’ambrogini (per lo più milanesi con villa da noi), richiesto e apprezzato. Chiamato alle armi, fu in Africa nell’aviazione (non come pilota, però), riuscì a tornare in Italia poco prima dell’8 settembre e quindi, insieme al fratello Pino, come molti altri varesini, riuscì a scappare nella vicina Svizzera, passando dalla rete vicino a Cantello. Non diede più notizie per due anni, non fu presente alla morte della madre Prima, tornò quando la guerra era finita da un pezzo. Gran cercatore di funghi, conobbe una certa Masetti di Fogliaro, e la sposò, benché il dottor Taborelli lo avesse messo in guardia: “Ha un tumore alle ossa, non vivrà a lungo.” Infatti morì dopo pochi mesi. Gran ballerino, mio zio Francesco, tornato scapolo cominciò a girare per le sale da ballo, compresa quella dell’Albergo Prealpi, e lì incontrò Maria, una donna che era rimasta sola, con una figlia, mollata dal marito, che si era involato con una sua amica. Maria, detta Mariuccia, divenne la sua compagna. La figlia di Maria sposò Paolo Magistrini, giocatore di basket della Ignis, nell’anno del suo primo scudetto. Su consiglio di Maria (mio zio non era abile negli affari), Francesco aprì un negozio da fioraio in piazza Milite Ignoto, e lì me lo ricordo io, intento a vendere fiori e piante, insieme all’amata Mariuccia. Lo ricordo sempre abbronzatissimo, pareva un uomo del sud Italia, per non dire un nordafricano.
Nelle foto, vediamo in alto via Vico, la mia via di attuale residenza, alla fine degli anni Venti, con la fresca piantumazione dei platani. Si noti la collina dei Barù, la nostra collina, dato che eravamo chiamati Zanzi Barù. In quegli anni mio zio Francesco la percorreva per andare in Villa Toeplitz, come giardiniere. E poi due foto giovanili di mio zio, in Africa e coi pantaloni alla zuava.

L’ultimo ricordo che ho di lui risale agli inizi degli anni Novanta: già malato, si era commosso per la nascita della mia ultima figlia, Caterina, e le aveva donato dell’oro il giorno del suo battesimo.

12-continua 

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