Il
nuovo lavoro in via Albuzzi non fu certo una passeggiata per mio padre: era
solo, un laboratorio da portare avanti, il principale (Angelo Marcolini) che
andava in giro a trovare e consegnare lavoro, la presenza soprattutto della
moglie Gilda, non proprio di buon carattere, molto esigente. Un forno a legna,
cioè pesanti fascine da gestire, tempi lunghi, tutto complicato rispetto ad un
forno elettrico. Mio padre ricorda soprattutto lo stress del tempo natalizio e
pasquale, con la lievitazione dei panettoni e delle colombe, operazioni che
richiedevano perizia e pazienza. E ora posso qui aggiungere anche i ricordi
personali, perché a metà degli anni Sessanta entrai anch’io da Marcolini. Si
passava o dal negozio, che si affacciava su via Albuzzi, o dal grande portone
cinquecentesco di Casa Perabò, proprio sotto la stupenda finestra gotica. Un
cortile interno, una porta sulla sinistra, due locali, uno grande con il forno
e uno più piccolo, e poi una buia cantina, che serviva soprattutto in estate,
per i dolci al cioccolato. Ricordo che il mio compito era soprattutto mettere
le paste nei pirottini, riempire di crema pasticcera i cannoncini. In principio
era una pacchia, perché potevo assaggiare ciò che volevo (purché fosse rotto,
quindi invendibile), poi il dolce mi nauseò e cominciai ad apprezzare molto i
salatini di sfoglia. Ricordo la signora Gilda, poco sorridente, e ricordo le
due figlie, Luisa e Laura, qualche anno più di me, già signorine: non
bellissime, esercitavano però su di me un grande fascino, ovviamente. E poi
ricordo le canzoni dei Beatles, che arrivavano in laboratorio dal giradischi
delle due sorelle. Ricordo in particolare Michelle, contenuta nell’album Rubber
Soul del 1965, quindi doveva essere almeno il 1965, ma più probabilmente il
1966. Avevo 10 anni. Quando mio padre si assentava, prendevo un canestro in
vimini (forse servivano per i panettoni), una scopa di saggina, il canestro me
lo mettevo in testa, diventava i famosi capelli a caschetto degli ‘scarafaggi’,
la scopa era la chitarra e mi mettevo a suonare e a cantare. Probabilmente in
quel laboratorio qualche scarafaggio passeggiava davvero, ma non era un
cantante!
Come
già scritto, qui, da poco arrivato da Marcolini, mio padre incontrò nel 1952 la
futura sposa Ines, che dava lezioni di piano alla giovane Luisa. Immagino la
novità di quegli anni, l’entusiasmo: un nuovo lavoro, la Ines ritrovata, la
preparazione al matrimonio, le nozze nel 1953, la nascita del primo figlio,
momenti che mio padre deve aver vissuto con la carica della giovinezza e della
speranza. In fondo non aveva avuto una fanciullezza proprio semplice semplice.
38-continua
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