Ben più
longevi furono invece i miei nonni materni. Nonno Battista morì nel mese di
agosto del 1953, aveva 75 anni. Era malato di cuore, ma probabilmente non morì
per quello. I miei genitori, giovani sposi nel mese di luglio del 1953, avevano
deciso di tenere in casa, nella vecchia casa di via Ugo Foscolo, in pieno
centro città (vedi foto,
il balconcino in alto), i genitori
di mamma Ines, anziani e malati. Una scelta non facile per due sposini. Erano
da poco tornati dal viaggio di nozze quando una mattina mio padre, prima di
andare al lavoro, andò a salutare il Battista. Dormiva da solo, perché di notte
si agitava e la moglie non riusciva a dormire. Papà Mario lo trovò giallo,
quindi venne chiamata il dottor Bresciani, che preannunciò una fine imminente:
e così fu. I miei erano sposati da 15 giorni. Nonna Angela rimase con loro in
via Ugo Foscolo e anche in viale Belforte 10/M, dove i miei si trasferirono nel
1961. Come per mio padre, anche per me la nonna materna è la sola che abbia
conosciuto. Ho pochi ricordi, vedo una nonna piuttosto robusta e silenziosa,
sempre seduta sul divano. Il ricordo più nitido è una scena del febbraio 1963:
nonna Angela era caduta e si era rotto il femore, una vera condanna a morte per
un anziano più che ottantenne. Venne ricoverata all’Ospedale di Velate, e
allora ricordo queste visite, soprattutto una piscina all’aperto, ovviamente
senz’acqua, dove mi divertivo ad entrare e uscire, arrampicandomi sulla
scaletta. Morì lì, in quell’ospedale, nell’inverno del 1963. Mia mamma Ines era
certamente più legata a suo padre, che vedeva in lei la rinata Ines,
primogenita morta a vent’anni. Sua madre era severa, esigente, triste, provata
dalla vita. Mia mamma era solita ricordare l’ambiente cupo della sua
giovinezza, segnata dalla tragedia della morte di una figlia bella e brava, i
continui viaggi sul tram bianco che conduceva lei e quei genitori ormai anziani
al cimitero di Belforte, la sua vivacità compressa e vigilata.
9-continua
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