Non ho
fretta di arrivare a svelare il contenuto di quell’attesa, e allora apro una
parentesi per parlare dell’amore di mamma Ines per i gatti. Mio padre ricorda
che, quando era ragazza, era solita dare appuntamento ai gatti sui tetti di via
Ugo Foscolo, chiamandoli dal lucernario. Durante la guerra i suoi fecero in
salmì un gatto che amava, ma lei non lo seppe mai, lo seppe invece mio padre. E
per stare alle sorprese alimentari, mio papà ricorda una volta: la Ines gli
chiese, come prova d’amore, che assaggiasse il gorgonzola, un formaggio che lui
non poteva sopportare. Lui accettò e papà Battista gli disse: ‘Mamalùc, ti dà a
trà a chela lì…’ (Mammalucco, tu dai retta a quella lì!).
Nella nostra
casa ricordo almeno tre gatti. Il primo era nero e lo chiamammo Afral. Poi
arrivò la Jenny (foto). Un pomeriggio mio padre, come era solito fare, disse a
noi ragazzi: ‘Andiamo a fare una passeggiata!’ e ci portò al Monte Monarco,
sopra Induno. Non so come mai volle portarsi dietro anche la gatta. Fatto sta
che arrivati in alto la gatta si infilò dentro un rudere e non riuscimmo a tirarla fuori, perché era buio. Mio padre,
mesto, tornò a casa. Mia mamma, inviperita, lo obbligò a tornare lassù con la
pila. Così si ripartì e, per fortuna, trovammo Jenny in un cantuccio,
impaurita, e la riportammo a casa. Poi arrivò, anni dopo, la Cinzy (foto), che
conobbi poco perché mi sposai nel 1981.
55-continua
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