Si ricorderà che nel diario di mia
mamma ad un certo punto si parla di una
storia, nel 1947, con un uomo molto più ‘vecchio’ di lei, che durò due anni,
più triste che felice e che si concluse con un nulla di fatto. Ho chiesto a mio
padre, per avere lumi.
Si trattava di un giornalista,
arrivato col padre a Varese, dopo essere scappato da Adis Abeba, dove il padre
aveva un pastificio. Presero alloggio, solo una camera per dormire, proprio
sotto l’appartamento di mia mamma, in via Ugo Foscolo. Probabilmente quell’uomo,
non più giovane ma intellettualmente brillante (si suppone), che avrà elogiato
fra le altre cose la bravura di mia madre al pianoforte, ha colpito la
diciannovenne. I due, padre e figlio, decisero poi di aprire un pastificio di
Argentina, e questo giornalista fece a mia madre la proposta di un matrimonio
per procura. Sconsigliata dai suoi fratelli, ma anche da una sorella di questo personaggio,
che abitava a San Remo e che divenne amica di mia mamma, la Ines decise infine
per il ragazzo dei suoi 15 anni. Mio padre mi ha poi ricordato il romantico
momento della scelta definitiva. Per chiarirsi definitivamente le idee (anche
in merito alle avances dei due fratelli sardi della moglie di mio zio Bruno)
mia mamma decise di trascorrere una settimana a San Remo (dalla sorella del
giornalista) e da lì partire per la Sardegna, qualche giorno per farsi un’idea
più precisa. Alla partenza disse a mio padre: ‘Se deciderò per te, (il tal
giorno alla tal ora) mi vedrai arrivare in bici da Varese, tu scenderai in
bici da Sant’Ambrogio e lì ci incontreremo.’ Lì dove? Alla curva dei peguràt,
dove il viale Aguggiari interseca il viale Ippodromo, dove c’è la vecchia
fermata del tram. Era la primavera del 1952. Papà Mario (certamente non molta apprensione),
inforcò la bici e attaccò la discesa, che gli sarà parsa una salita. Non so se
mia madre giudicò la sua salita una discesa, so solo che i miei si incontrarono
alla curva dei peguràtt (foto).
32-continua
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