La fine
degli anni Sessanta la ricordo, nella mia famiglia, come un tempo abbastanza
felice. Erano per me gli anni delle scuole medie alla Righi, per mia mamma
tanto lavoro, come docente e come mamma casalinga, per mio padre la pasticceria
Tamborini di Castronno e poi anche tanto aiuto in casa, perché questo va
scritto, nostro padre ci ha sempre mostrato con l’esempio che un marito sa
aiutare la moglie anche nelle faccende domestiche, una scelta non così
scontata, soprattutto negli anni Sessanta.
E mentre io
studiavo, sognavo di andare alle Olimpiadi come ginnasta (perché mio padre
aveva portato nel 1965 me e Guido in Varesina, indirizzandoci verso lo sport
che era stato il suo) e imparavo a suonare la chitarra (non il piano, mia mamma
mi tenne qualche lezione ma lei aveva poca pazienza, io poca voglia di
applicarmi e tutto finì alla svelta, e oggi dico: peccato!), mentre io facevo
queste cose i miei organizzarono la nostra seconda vacanza familiare, sempre in
Fiat 600, sempre in tenda e sempre con pochi mezzi: campeggio ad Aquileia-Grado.
Chi conosce quei luoghi sa che il mare aperto è a Grado, mentre ad Aquileia vi
è una specie di laguna, con acqua bassa. Ebbene, noi eravamo lì. Il campeggio
era super, attrezzato, piscina, ma il mare era scadente, e si faceva fatica
anche ad andare in canotto, perché vi erano molte secche. Comunque si nuotava
ed era certamente meglio che il petrolio di Venezia. Ecco in foto i miei a
Trieste e ad Aquileia. La ciliegina sulla torta fu una mezza tromba d’aria di
notte, con alberi caduti e noi sei che tenevamo la tenda, in balìa della
tempesta. Fra lacrime, preghiere e l’aiuto della buona sorte, ce la cavammo e
tornammo a Varese.
53-continua
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