Torniamo al
1943, un anno certamente triste per mio papà Mario, ma segnato anche da due
episodi positivi. Uno riguarda lo sport. Proprio nel 1943 papà inizia la sua
carriera di ginnasta. Ecco il suo ricordo: ‘Non ho mai praticato sport in una
squadra prima dei 17 anni. Amavo però stare all’aria aperta, arrampicarmi,
salire sugli alberi. Ad esempio mi piaceva stare in equilibrio intorno alla
recinzione del monumento ai caduti di piazza Milite Ignoto, oppure stare in
equilibrio sulle botti di latta che lasciavano, dopo aver asfaltato le strade. Sapevo
che a Varese, oltre alla palestra dei Pompieri di via XXV Aprile, vi era una
bella palestra, grande, in via Paravicini. Vi era anche la palestra nella
nostra scuola, alla Canetta, che avevano attrezzato con attrezzi della
ginnastica e ogni tanto venivano gli atleti della Varesina ad allenarsi anche
lì. Ricordo molto bene: era una sera buia del 1943, c’era l’oscuramente, non si
vedevano luci, Varese era al buio. Stavo tornando a Sant’Ambrogio in bici,
lavoravo in corso Matteotti, dal Gino. Arrivato in via Paravicini vidi, oltre i
tendoni della finestra, filtrare una luce. Guardai e notai atleti vestiti di
bianco che stavano facendo delle oscillazioni al cavallo con maniglie. Mi
innamorai subito di quello sport. Così bussai e chiesi se ci si poteva
iscrivere. Mi dissero di sì, non costava nulla. Mi feci confezionare da mia
sorella Maria delle scarpette tipo ginnastica e dei pantaloni corti, e così mi
presentai. C’erano due spogliatoi, un ampio salone con pavimento in legno e gli
attrezzi, c’era il settore per la scherma e il sollevamento pesi, e di sopra i
locali del portinaio, un certo Zucchi, più la sala riunioni del Consiglio della
Varesina. Dopo i bombardamenti a Masnago, lì vennero portati i corpi dei
varesini morti in quel tragico evento, una trentina. La palestra venne chiusa
non so quanti giorni. Quando la riaprirono, sul pavimento si vedevano le
impronte lasciate dai cadaveri, e ci volle molto tempo prima che si
cancellassero. Vi erano allievi più giovani di me, e altri più anziani. I miei
primi allenatori furono Ermoli, Pierino Sottocasa e Minogini.’
Già, la
Varesina di via Paravicini (foto), la stessa sede che mi vedrà entrare, con mio fratello Guido, nel
1965, 22 anni dopo mio padre. E quel Pierino Sottocasa, che avrò modo di
conoscere, come Luigi Vaj, altro allenatore molto stimato da mio padre e anche
da me: un vero gentleman. Personaggi che hanno fatto parte della mia
giovinezza.
Papà Mario,
non molto alto, fisico asciutto, aveva la struttura adatta per fare il
ginnasta. Non raggiunse mai alti livelli, ma si tolse le sue soddisfazioni.
Eccolo in alcune evoluzioni, verticale alle parallele e oscillazioni al cavallo
con maniglie, squadra a Ferrara nel 1947.
Papà ricorda
gli avventurosi viaggi per andare a gareggiare in trasferta, le sistemazioni in
luoghi di fortuna, le emozioni delle gare, la compagnia. La ginnastica fu una
sua passione, che ha trasmesso ai suoi figli, insieme alla passione per lo sport
in genere. Continuerà a praticare ginnastica artistica per una decina d’anni. La
sua ultima gara a Zurigo, nel 1955, quando era già sposato e padre.
27-continua
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